lunedì 15 aprile 2024

Recensione: L’economia è politica

 

"L’economia è politica”; di Clara E. Mattei; edizioni Fuori Scena; Isbn 979-12-225-0000-3.

Si noti la “è” nel titolo del Saggio che, in fondo spiega tutto del messaggio dell’Autore!

In sintesi, il messaggio di quest’opera è semplice e netto e si rivolge ai cittadini-elettori delle nostre democrazie. L’invito è quello di aprire gli occhi e constatare che molte delle politiche economiche restrittive (e forse tutte, secondo un mio giudizio riguardo alle opinioni dell’Autore) che vengono propinate ai nostri sistemi sociali sono somministrate sulla base di teorie pseudo-scientifiche e modelli matematici artificiosi che non hanno nulla di veramente oggettivo ma che anzi, si basano su assunti dogmatici.

Per cercare di chiarire il concetto che, a parer mio, l’Autore cerca di esporre, faccio il seguente parallelo: le formulazioni matematiche delle scienze economiche si porrebbero in relazione alla scienza “vera” (come, ad esempio, la Fisica) nello stesso modo in cui i modelli astronomici tolemaici si contrapponevano all'astronomia galileiana e newtoniana. Non è quindi che l’astronomia antica non fosse in grado di formulare previsioni precise e sofisticate riguardo ai fenomeni celesti, ma il punto è che si basava su un sistema dogmatico che risultò superato da altri modelli che si dimostrarono più aderenti alla fenomenologia ai quali venivano applicati… questo potrebbe ben valere anche per le teorie economiche che, tra l'altro, non si occupano di spiegare realtà oggettive ma che, invece,  sono fortemente influenzate da dinamiche sociali, culturali, individuali e, appunto, politiche.

Tornando all'opera e all'Autore, egli ci sta dicendo: “attenti cari cittadini-elettori! Dietro tante formule matematiche e modelli economici che vi vengono propinati all'interno di sistemi, solo apparentemente deterministici, non c’è nulla di oggettivo, ma solo dei dogmi di fede (il modello capitalista) per nulla indiscutibili e precise scelte politiche che vengono spacciate come ricette inevitabili”.

L’Autore in realtà si spinge anche più in là, affermando, in sintesi che le politiche di austerità non sono altro che metodi escogitati dal sistema capitalistico per comprimere i diritti dei lavoratori con l’obiettivo di mantenere una certa differenza fra la remunerazione del fattore “lavoro” e la remunerazione del “capitale” riprendendo in questo un'analisi critica già svolta da Marx al sistema capitalista; in questo senso quindi: “L’economia è politica”! … e qui mi fermo nella mia esegesi del pensiero dell’Autore!

Dunque, qual è in sintesi il mio giudizio su questo libro?

Devo ammettere che condivido alcune delle sensazioni dell’Autore; anch'io ho spesso l’impressione che il nostro sistema economico sia falsamente democratico e caratterizzato da non poche regole truccate che hanno più che altro l’obiettivo di mantenere lo status quo e il predominio delle élite; il problema però è che non mi vengono in mente proposte alternative (e non mi sembra che ce ne siano neanche da parte dell’Autore!) né ho l’impressione che gli esperimenti alternativi del passato abbiano apportato risultati particolarmente promettenti. Vale forse quindi per il modello economico capitalista ciò che un tempo pare abbia detto Churchill in merito alla democrazia: “… la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.”. Quindi ok, siamo avvertiti, dovremmo cercare di applicare più senso critico nei confronti delle “ineluttabili” scelte economiche che ci vengono propinate! ... Ma non avete anche voi quell'orribile sensazione che la nostra opinione e la nostra capacità di azione sia semplicemente irrilevanti?

venerdì 29 marzo 2024

Recensione: E la quarta volta siamo annegati

"E la quarta volta siamo annegati”; di Sally Hayden; titolo originale: “My Fourth Time, We Drowned”; traduzione di Bianca Bertola; edizioni Bollati Boringhieri; Isbn 978-88-339-4136-3.

Il saggio descrive in modo crudo e diretto le vicissitudini e gli ostacoli che devono affrontare i migranti illegali per raggiungere l’Europa, attraverso le testimonianze dei protagonisti, spesso in contatto diretto con l’Autrice, che, in più di un’occasione si è anche impegnata in un duro lavoro sul campo.

 In particolare, la sua ricerca si concentra sulla rotta mediterranea dei migranti e si incentra sul ruolo di contenimento svolto dalla Libia e, di conseguenza, è anche una denuncia “senza peli sulla lingua” delle responsabilità dell’Unione Europea e, in particolare dell’Italia in quest’area facendo emergere quello che in fondo tutti sappiamo, ovvero l’approccio cinico e profondamente egoista che caratterizza le nostre politiche relativamente ai temi dell’immigrazione.

Ciò che viene descritta è una vera e propria odissea dove pericoli, fame, violenza, sfruttamento, sono il contorno quasi scontato di un periplo che può durare parecchi anni e che spesso si conclude con la rinuncia se non con la morte dei protagonisti.

La denuncia dell’Autrice nei confronti delle politiche migratorie messe in atto dai Paesi Occidentali e, in particolare l’Unione Europea, è netta e senza appello e non mancano anche critiche pesantissime all'operato delle principali agenzie che si occupano di rifugiati, a cominciare dalla UNHCR che, francamente, non ne esce per niente bene.

Il lavoro svolto dall'Autrice e quindi rigoroso, onesto ed illuminante e non si può che riconoscere che, come cittadini di Paesi privilegiati dovremmo sviluppare una coscienza più critica rispetto alle modalità attraverso le quali vengono gestite le politiche migratorie da parte dei nostri Governi. Ciò non implica necessariamente un approccio "buonista" al fenomeno, ma almeno una sana presa di coscienza delle conseguenze dell'applicazioni di metodi esclusivamente repressivi (che in parte, per giunta, ledono persino i nostri interessi a lungo termine!).

Il saggio, tra l'altro, nasconde un vistoso paradosso, del quale forse l’Autrice non si è accorta; in realtà la sua denuncia “dimostra” che il sistema repressivo che delega agli “Stati vassalli” dell’Unione Europea il ruolo preponderante di contrasto e confinamento dei migranti “funziona”, ovvero, funge in maniera efficace (ancorché disumana) da deterrente e da “rallentatore” del flusso di migranti.

Ne è una riprova la cronaca recente che riferisce come la rotta mediterranea abbia perso “attrazione” rispetto ad altre vie, proprio perché giudicata troppo pericolosa.

Qui di seguito allego un articolo fra i tanti disponibili:

https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/24/news/migranti_canarie_nuova_rotta-422365611/

giovedì 28 dicembre 2023

Natalità: bufale, malafede e banalità

 L’Italia non fa bambini e in questo record si distingue come “prima della classe” persino rispetto ad altri paesi sviluppati che, per altro, anche loro arrancano nonostante magari le tante iniziative per mitigare la cosa.

Ora, sappiamo anche che la denatalità sicuramente può essere un problema, perché creare scompensi in sistemi, come quello previdenziale, che ancora soggiacciono a regole sbagliate che prevedevano un rapporto virtuoso fra generazioni di giovani lavoratori e percettori di redditi pensionistici; in attesa dei correttivi, ci tocca quindi trovare “soluzioni tampone”. Sappiamo anche che una Società anziana ha anche un sacco di altri problemi; tende ad annichilirsi, a non innovare, a rimanere statica, ecc., ecc., soprattutto … è banalmente “triste”!

Di per sé però, a me sembra incredibile che non si riconosca che la denatalità sia solo di per sé un “fenomeno” che, come tale, vada semplicemente accettato e non necessariamente ostacolato. Semmai, quindi, il dibattito dovrebbe spostarsi sul come evitare o almeno attenuare gli aspetti non voluti collegati a tale trend, ma si dovrebbe invece riconoscere che il non fare figli sia un diritto sacrosanto e rispettabilissimo di ogni individuo (o coppia che sia!).
Intanto diciamolo, parlando anche di situazioni socio economiche virtuose e non solo di scenari di crisi, secondo me si può incentivare la natalità in mille modi, ma difficilmente si riuscirà a convincere i giovani (soprattutto le donne) a fare molti (troppi?) figli. Diciamolo, i figli si fanno “poco” e “tardi” perché non sempre sono il principale obiettivo di vita di chi ha studiato, vuole emergere in altri ambiti e, magari (perché no?), vuole divertirsi il più possibile e, magari, evitare di prendersi troppe responsabilità. Fare i genitori dà infatti un sacco di soddisfazioni ma anche non poche grane, costi, impegni e limitazioni e quindi non è per nulla scritto che uno ci debba tenere per forza a fare l’esperienza. Per descrivere la cosa con un’immagine, io sono ragionevolmente convinto che, se fossimo immortali o, almeno, avessimo la garanzia di vivere veramente a lungo giovani ed in salute, i figli non li faremmo per nulla o sarebbero eventi gestiti con il contagocce!

In altre parole, i figli non li facciamo perché, appena appena affrancati dai non auspicabili scenari di vita che Madre Natura ci aveva prospettato nei secoli precedenti,  siamo diventati consapevolmente individualisti e edonisti e, francamente, non c’è neanche nulla di male nell'essere così! I figli invece li facciamo perché capiamo, banalmente, che, seppur migliore di prima,  la vita "bella" rimane penosamente corta e pertanto, da anziani e mentre lo si diventa, vale la pena provare a dargli un senso che vada al di là delle quattro cretinate che, di solito, ci piace fare e che ci piacerebbe continuare a fare all'infinito anziché imbarcarci in attività che sappiamo esser assai più vincolanti ed impegnative... come, ad esempio, occuparsi della prole!

Arriviamo al punto quindi:

1)   1)  Non fare figli NON è un problema, ma una scelta. Possiamo incentivare chi ha voglia di farli, ma difficilmente ci si muoverà significativamente da questi ritmi di (de)crescita.

2)    2) Fare caterve di figli ora, NON è la soluzione immediata alla maggior parte dei problemi che pone ORA la denatalità. Se infatti stiamo pensando alle nostre pensioni, alla necessità di innovare, allo svecchiamento della nostra società, ecc., ecc. …, la soluzione NON è fare bebè, ma “importare” giovani (soggetti fra i venti e i trentanni, per capirci!) ed evitare che quelli che abbiamo scappino via all'estero!

… tutto molto semplice quindi!

... e smettiamo almeno di parlare di "sostituzione canina" per favore.


mercoledì 20 dicembre 2023

Recensione: Proletkult

 "Proletkult”; di Wu Ming; edizioni Einaudi; Isbn 978-88-06-24342-5.

Entro una cornice che sta a metà fra il romanzo storico e quello di fantascienza i Wu Ming raccontano, mescolando ad arte fatti reali e fantasia, alcune parti della vita di Aleksandr Bogdanov -Malinovskij (1873 – 1928), politico, filosofo, scienziato e scrittore di fantascienza.

Ammetto che nulla sapevo di questo affascinante personaggio prima di inciamparci per caso grazie al libro di Rovelli “Helgoland” dedicato alla fisica quantistica, dove ho scoperto la sua preminenza fra i protagonisti artefici dell’affermazione del bolscevismo. Egli fu infatti assai vicino, ma anche in contrapposizione a Lenin (che infine rigettò totalmente le tesi del primo) e proprio alcune delle sue posizioni filosofiche ispirate all'empiriocriticismo di Ernst Mach (che influenzò, fra gli altri, fisici del calibro di Einstein e Schrodinger) gli costarono una progressiva marginalizzazione politica che si ritrova anche fra i temi di sfondo del romanzo.

Il titolo del romanzo prende spunto dal Proletkult, movimento intellettuale che egli aveva contribuito a creare allo scopo di forgiare una pura cultura proletaria, ma che finì anch'esso per essere avversato dal regime sovietico.

Aleksandr Bogdanov fu anche un medico di una certa importanza e competenza e anche questa parte delle sue esperienze risulta in qualche modo centrale per la trama del romanzo. In particolare, si dedicò a studi pionieristici riguardo alle trasfusioni di sangue (anche qui un po’ condizionato dalle sue personali ideologie filosofiche). Sul piano strettamente storico, Bogdanov morì proprio a seguito dei suoi studi ed esperimenti, in seguito ad una trasfusione mentre cercava di salvare un paziente malato di tubercolosi.

Come il solito i Wu Ming sanno tenere con il fiato sospeso e, anche in questo caso, mescolano con equilibrio fatti storici reali ad elementi di fantasia rendendo plausibili anche le situazioni e gli scenari più surreali.

domenica 3 dicembre 2023

Recensione: Helgoland

 "Helgoland”; di Carlo Rovelli; edizioni Adelphi; Isbn 978-88-459-3505-3.

Carlo Rovelli ha il dono di rendere (moderatamente) comprensibili anche ai profani concetti complicati come, in questo caso, la fisica quantistica.

Il lettore, partendo da Helgoland, isola nel Mare del Nord dove si ritirò il fisico Heisenberg per mettere ordine alle sue congetture riguardo a questa branca della fisica, allora agli albori, viene guidato alla scoperta delle caratteristiche salienti e delle bizzarre spesso contro intuitive e quasi magiche della meccanica quantistica, descrivendo inoltre i dibattiti e i contribuiti che mano a mano si aggiunsero alle prime considerazioni del gruppo di fisici che posero le basi per la descrizione teorica delle regole sottostanti alla fisica delle particelle.

L’Autore descrive efficacemente anche quale fu il clima culturale e il contesto filosofico entro i quali tali idee poterono germinare e prosperare. A questo proposito, personalmente sono stato molto colpito dal pensiero dei filosofi positivisti quali, ad esempio Ernst Mach (il cui pensiero influenzò Einstein e Schrodinger) promotore, insieme a Richard Avenarius empiriocriticismo che, mi farà scoprire il personaggio di Aleksandr Bogdanov spingendo le mie letture in una direzione inaspettata … ma questa è un’altra storia!

sabato 2 dicembre 2023

Recensione: Chimere – Sogni e fallimenti dell’economia

 

"Chimere – Sogni e fallimenti dell’economia”; di Carlo Cottarelli; edizioni Feltrinelli; Isbn 978-88-07-49362-1.

Saggio piuttosto interessante che tratta sette temi di moda e ampiamente dibattuti.

  1. Genesi, funzionamento e dibattito sul ruolo delle Criptovalute.
  2. Le Banche Centrali, il loro ruolo nella creazione della moneta e la loro effettiva capacità di regolazione del ciclo economico e dell’inflazione.
  3. La relazione fra la liberalizzazione della finanza con la crisi finanziaria del 2008.
  4. Gli effetti della globalizzazione e i suoi riflessi sulla sovranità economica.
  5. Il ruolo delle tecnologie dell’informazione e il loro rapporto con la produttività (nonché con la ripartizione della ricchezza!).
  6. L’economia del “gocciolamento” (ovvero, “taglio le tasse ai ricchi per stimolare l’economia”!) e flat tax.
  7. Crescita e crisi ambientale.

Stante la competenza dello scrivente i diversi temi sono affrontati con profondità, senso critico e, aggiungerei, assenza di partigianerie.

Confesso infine di sentirmi sulla stessa “lunghezza d’onda” rispetto all'Autore, di conseguenza, a me il Saggio è ovviamente piaciuto e mi è servito a rafforzare le mie personali convinzioni, per altro già parecchio salde riguardo a questi argomenti.


lunedì 6 novembre 2023

Recensioni: Navi, penne e cannoni – Guerre, costituzioni e la creazione del mondo moderno

"Navi, penne e cannoni – Guerre, costituzioni e la creazione del mondo moderno”; titolo originale: “The gun, the ship and the pen”; di Linda Colley; traduzione di Lucilla Rodinò; edizioni Rizzoli; Isbn 978-88-17-16259-3.

Il Saggio traccia una relazione fra le esigenze degli Stati moderni e la nascita dei movimenti e delle rivoluzioni costituzionali.

Soprattutto a partire dal diciottesimo secolo prosperano gli studi, le discussioni e, sempre più spesso l’affermarsi di svariate carte costituzionali; quali furono le radici profonde di questo fenomeno?

L’Autore ritrova le ragioni principali di tale fioritura culturale nelle mutate esigenze degli Stati moderni e, in particolare, nelle crescenti necessità di organizzare e reggere sul piano delle risorse i confitti militari sempre più dispendiosi e globalizzati.

In estrema sintesi, per combattere guerre diffuse su grandi estensioni geografiche servono mezzi e risorse imponenti; grandi flotte, eserciti bene armati ed addestrati e un numero consistente di cittadini-soldato ideologicamente coinvolti anche in virtù dell’interiorizzazione di una serie di diritti che avrebbe fatto da contraltare ai propri doveri (quello del servizio militare innanzitutto!).

La cosa veramente interessante però è lo scoprire che la crescita delle Costituzioni effettivamente applicate o, anche semplicemente ipotizzate, non fu per nulla un fenomeno incentrato unicamente sull'Europa, ma fu pervasivo di ogni parte del globo.

Un libro che esprime sostanzialmente un solo concetto, e questo ne costituisce anche il principale limite … ma pieno di aspetti curiosi!